Fotografie: Associazione San Fedele ODV.
Nelle grandi città, le persone senza dimora vivono in uno stato di invisibilità sociale, spesso ai margini dello spazio pubblico e della vita collettiva. Creare luoghi di accoglienza che favoriscano l’incontro tra diversi gruppi sociali può contribuire a ridurre l’isolamento e la distanza tra chi ha una casa e chi no.
Il bar Il Girevole, promosso dall’Associazione San Fedele ODV, nasce proprio con questa finalità: offrire uno spazio dove persone senza dimora e cittadini possano interagire in un ambiente informale, senza barriere economiche o assistenziali. L’associazione, attiva a Milano da oltre 70 anni, si occupa di assistenza sanitaria gratuita per persone in difficoltà e promuove progetti di solidarietà sociale. In questo contesto, il bar Il Girevole rappresenta un’esperienza innovativa, diversa dai centri di accoglienza tradizionali, ispirata a modelli come La Moquette di Parigi, ma anche a realtà italiane come Caffè Basaglia a Torino (inaugurato nel 2008 e chiuso nel 2019) o Pausa Caffè a Torino, che combinano socialità e inclusione.
A Milano, dove circa 12.000 persone vivono senza una dimora stabile, questa iniziativa risponde a un bisogno concreto: creare un luogo in cui la marginalità non sia una condizione definitiva, ma uno spazio in cui riprendere il contatto con la città e con gli altri. Per approfondire il significato e le prospettive del bar Il Girevole, abbiamo intervistato Padre Francesco Cambiaso1, responsabile del progetto.

Mario Flavio Benini. Il bar Il Girevole si inserisce nel contesto dei servizi a bassa soglia per le persone senza dimora, offrendo uno spazio di accoglienza senza transazioni economiche. Come è nata l’idea di questo progetto? Chi sono i principali ideatori e quali collaborazioni sono state fondamentali nella sua elaborazione? In che modo avete definito il modello operativo, ispirandovi a esperienze di alcuni Community Café2 internazionali, come Social Bite in Scozia, e più in particolare a un’esperienza come quella de La Moquette di Parigi?
Padre Francesco Cambiaso. L’idea del bar Il Girevole nasce dall’esperienza dell’Associazione San Fedele ODV, che si occupa principalmente di assistenza farmaceutica per persone in difficoltà, fornendo farmaci a chi non riesce ad accedervi. La nostra sede si trova in Piazza San Fedele, in pieno centro a Milano. Già prima della pandemia, tra i nostri assistiti c’erano alcune persone senza dimora, ma erano una minoranza. Durante il Covid, però, la situazione è cambiata radicalmente: le strade del centro si sono svuotate, mentre il numero di persone senza dimora è aumentato, anche perché molte si sono spostate verso il centro della città.
Abbiamo quindi iniziato a riflettere su cosa potessimo fare per rispondere a questa nuova situazione. Nel frattempo, uno storico locale della Galleria Hoepli, una vineria che si trovava proprio di fronte alla nostra sede, ha chiuso a causa della pandemia. Lo spazio era di proprietà della Diocesi, che si è mostrata disponibile a concedercelo. Ci siamo chiesti come potessimo utilizzarlo al meglio, considerando anche alcune esperienze che avevamo osservato in altre città.
Un riferimento importante è stato il nostro lavoro a Genova con l’Associazione San Marcellino, una realtà con una lunga tradizione di interventi dedicati alle persone senza dimora. San Marcellino opera attraverso una rete di servizi molto articolata che comprende accoglienza abitativa, supporto psicologico e sociale, laboratori artistici e teatrali, oltre a spazi di ascolto e accompagnamento. Da questa esperienza abbiamo tratto l’idea di creare uno spazio che non fosse basato sulla richiesta di un servizio specifico (un pasto, un letto, un aiuto materiale), ma che valorizzasse la dimensione relazionale della persona. Volevamo offrire un contesto in cui i senza dimora potessero essere visti non solo attraverso il filtro dell’assistenza, ma nella loro dimensione più ampia, come persone che hanno desideri, interessi e voglia di interazione sociale.
L’idea alla base del bar Il Girevole è proprio questa: lavorare su un’area che non risponde a un bisogno immediato, ma che riguarda la necessità di relazione, di riconoscimento, di appartenenza a una comunità. Si tratta di un approccio diverso rispetto a quello dei centri diurni o delle mense sociali, e più simile a esperienze come La Moquette di Parigi, fondata da Pedro Meca e gestita dall’Association Les Compagnons de la Nuit. La Moquette è stata un punto di riferimento importante per noi, perché ha dimostrato come uno spazio informale, privo di transazioni economiche e privo di un’impostazione assistenzialistica tradizionale, possa diventare un luogo di incontro e socializzazione tra persone con esperienze di vita diverse.
Non abbiamo studiato in dettaglio La Moquette o altri modelli come Compagnons de la Nuit, ma conoscevamo queste esperienze e ne abbiamo colto alcuni spunti. Tuttavia, il nostro progetto si è sviluppato in modo autonomo, anche grazie alla partecipazione a eventi culturali come BookCity Milano. In questa occasione abbiamo organizzato uno spettacolo teatrale con protagonisti proprio le persone senza dimora, portando in scena “L’Isola di Shakespeare”, un adattamento dell’”Isola del Tesoro” e delle opere di Shakespeare. L’evento ha avuto un grande successo, attirando un pubblico eterogeneo e creando un forte coinvolgimento emotivo tra attori e spettatori. Questo tipo di iniziative ci ha confermato quanto sia importante offrire alle persone senza dimora opportunità di espressione e visibilità, restituendo loro uno spazio attivo nella vita culturale della città.
Un altro aspetto fondamentale del bar Il Girevole è il meticciato sociale: vogliamo che sia un luogo di interazione tra chi vive una situazione di fragilità e chi invece conduce una vita più stabile. L’idea era di attrarre anche cittadini comuni, persone che frequentano la zona per lavoro o per svago. Essendo situato proprio di fronte all’Auditorium San Fedele, ci aspettavamo un maggior numero di clienti “normali”, ma in realtà la maggior parte delle persone che entrano sono volontari o persone di passaggio. Una delle ragioni è che il nostro bar è analcolico, mentre molti la sera cercano un posto dove bere uno spritz. Questo è sicuramente un aspetto che ha influito sulla composizione del pubblico, ma resta il fatto che il bar Il Girevole è un luogo unico nel suo genere: un esperimento di accoglienza e socializzazione che si distingue per la sua capacità di creare connessioni umane al di là dei ruoli tradizionali di assistenza.



MFB. Nel panorama dei servizi a bassa soglia per le persone senza dimora a Milano, come centri diurni e notturni drop-in che offrono supporto immediato per bisogni primari, il bar Il Girevole si distingue per il suo approccio unico. In che modo il vostro progetto differisce da questi servizi tradizionali? Quali sono le caratteristiche peculiari che lo rendono un punto di riferimento distintivo nel contesto milanese?
FC. Uno degli aspetti distintivi del bar Il Girevole è il fatto di essere un luogo aperto alla strada, accessibile a tutti, senza filtri e senza registrazioni. A differenza di altri servizi a bassa soglia, che offrono un aiuto immediato attraverso prestazioni specifiche, qui l’obiettivo non è rispondere a un bisogno primario, ma creare un ambiente di socializzazione spontanea.
In questo senso, il bar Il Girevole ha una dinamica particolare: chiunque può entrare, sedersi ai tavolini, chiacchierare, guardare una partita in TV, giocare a carte. Alcuni si avvicinano, altri preferiscono rimanere in disparte, ma c’è sempre una commistione tra persone con vissuti diversi. Tuttavia, non è scontato che questa interazione avvenga facilmente. Per esempio, anche chi assiste a un evento culturale nei pressi del bar spesso si ferma solo per un attimo e poi va altrove, magari perché preferisce un ambiente più tradizionale, come un bar con alcolici. In effetti, l’assenza di alcolici è un fattore che ci differenzia dai locali convenzionali e rende il nostro pubblico più specifico.
Come dicevo in precedenza, un’esperienza simile a livello concettuale è quella del San Marcellino a Genova, che ha uno spazio di ritrovo per persone senza dimora e volontari. Tuttavia, si tratta di un ambiente più ristretto e rivolto a persone già inserite in un percorso, quasi un club privato, mentre il bar Il Girevole è aperto e non selettivo. Questa apertura, però, ci porta a una continua riflessione su come gestire le dinamiche sociali interne: il nostro gruppo di operatori si interroga costantemente su cosa sta accadendo all’interno dello spazio, su quali relazioni si stanno costruendo e su come favorire un’interazione positiva tra le persone.
Un esempio concreto di questa sperimentazione è l’uso della tessera del bar, un’idea che stiamo ancora valutando. In altri contesti, strumenti simili vengono usati per creare un senso di appartenenza o per regolamentare l’accesso. Tuttavia, per noi è ancora un punto aperto: vogliamo capire che tipo di fidelizzazione possiamo offrire alle persone senza dimora senza che questo crei meccanismi che rischiano di escludere chi ne avrebbe più bisogno.
In generale, le risposte delle persone che frequentano il bar sono molto variegate. Alcuni, dopo poche serate, ci hanno detto “mi sento a casa”, salvo poi sparire per settimane. Altri, invece, hanno trovato in questo spazio un vero punto di riferimento, tanto da aver vissuto momenti di crescita personale. Ricordo un ragazzo che, dopo aver passato diverso tempo al bar, ha trovato lavoro. Di recente mi ha raccontato che proprio le serate trascorse al bar Il Girevole gli hanno dato una spinta positiva e motivazionale.
Tuttavia, l’esperienza della strada ci insegna che ogni persona ha un percorso unico. Per alcuni, un ambiente troppo accogliente può persino risultare difficile da gestire, perché genera un calore relazionale che può diventare troppo intenso. Altri, invece, trovano proprio in questa accoglienza la forza per ricominciare. La sfida è trovare il giusto equilibrio, senza forzare nessuno, ma garantendo un’opportunità di relazione e di incontro per chi lo desidera.


MFB. La progettazione del bar Il Girevole è stata un percorso di continua riflessione e adattamento. In che modo avete definito il modello operativo? Quali interrogativi vi siete posti durante la sperimentazione iniziale e quali elementi vi hanno sorpreso nell’evoluzione del progetto?
FC. Lavoriamo da molti anni nel campo dell’assistenza farmaceutica, un’attività ormai consolidata, ma cerchiamo sempre di interrogarci su quello che facciamo, su come sta evolvendo il fenomeno della marginalità e su quale sia il nostro ruolo all’interno di questi cambiamenti. Forse è un po’ un’attitudine gesuita, quella di non smettere mai di riflettere sul senso del nostro operato e di adattarlo alla realtà che ci circonda. Questo approccio è stato centrale anche nella progettazione del bar Il Girevole.
San Marcellino, a Genova, lavora da anni con una logica simile, ponendosi domande continue su cosa accade all’esterno e su come rispondere in modo efficace. Per noi, partire con un’esperienza del tutto nuova come il bar ha significato interrogarci profondamente sugli strumenti che stavamo mettendo in campo e sugli effetti che avrebbero potuto generare. Alcuni aspetti ci hanno sorpreso. Ad esempio, il bar è interamente analcolico: inizialmente avevamo qualche dubbio su come questa scelta sarebbe stata accolta, considerando che l’alcol rappresenta un problema diffuso tra le persone senza dimora. Eppure, la clientela si è in qualche modo autoselezionata. Raramente è capitato che qualcuno provasse a portare con sé dell’alcol, ma è stato lo stesso gruppo a creare un meccanismo di controllo sociale: quando si è capito che bere non era parte dell’esperienza del bar, questa regola è stata naturalmente rispettata. Quasi mai ho dovuto richiamare qualcuno per questo motivo. Era un aspetto su cui mi aspettavo maggiori difficoltà, e invece il bar ha creato un suo equilibrio interno.
L’esperienza ci ha insegnato che anche nelle situazioni di maggiore fragilità possono emergere forme di autoregolazione, e che un contesto accogliente, ma con regole chiare, può favorire comportamenti più armoniosi. Questo è un esempio concreto di come il nostro modello sia ancora in fase di osservazione e aggiustamento: continuiamo a studiare cosa funziona e cosa può essere migliorato per rendere il bar Il Girevole sempre più efficace nel suo scopo.
MFB. La collaborazione con altre realtà e istituzioni è spesso cruciale per il successo di iniziative come il bar Il Girevole. Quali enti o organizzazioni hanno supportato il progetto sin dalla sua ideazione? Quale ruolo hanno giocato le istituzioni locali?
FC. Fin dall’inizio, il Comune di Milano, attraverso l’Area Diritti e Inclusione, ha mostrato interesse per il nostro progetto. Questa area gestisce i servizi a bassa soglia e ha avviato un processo innovativo di riprogrammazione quinquennale dei servizi per le persone senza dimora. Si tratta di una novità importante, perché generalmente le politiche sociali lavorano su orizzonti temporali molto più brevi. Questa nuova programmazione è basata su una collaborazione strutturata tra enti del terzo settore e istituzioni pubbliche, con la creazione di ATS (Associazioni Temporanee di Scopo), che raggruppano diverse realtà per affrontare in maniera coordinata le problematiche sociali.
Il nostro ruolo in questa rete è peculiare. Siamo formalmente un drop-in, ma con una logica completamente diversa da quella dei centri diurni tradizionali, perché non forniamo servizi di prima necessità, bensì lavoriamo sulle dimensioni relazionali e culturali. Anche altre realtà stanno sperimentando approcci simili: penso, ad esempio, al Diurno Caritas – La Piazzetta, dove esiste un progetto di radio comunitaria, Radio Piazzetta, gestito direttamente da persone senza dimora. Ci sono diverse esperienze che puntano a stimolare la parte più espressiva e culturale delle persone in difficoltà, e noi siamo parte di questo movimento.
Tuttavia, la collaborazione con il Comune è nata ancor prima di questa riorganizzazione più ampia. Fin dall’inizio abbiamo richiesto il patrocinio del Comune di Milano. Si trattava di un patrocinio gratuito, ma il nostro obiettivo era segnalare fin da subito la volontà di lavorare in sinergia con i servizi cittadini. Il bar Il Girevole è un luogo di incontro e socializzazione, ma dietro le quinte c’è un’équipe di assistenti sociali, psicologi ed educatori che cerca di fornire risposte sociali a chi le necessita. Noi ci occupiamo della dimensione relazionale, ma sappiamo che per alcuni è importante anche un aiuto concreto in termini sanitari o assistenziali, quindi avere collegamenti con il sistema di welfare cittadino è essenziale.
Un aspetto che ci ha fatto particolarmente piacere è che nella scheda tecnica allegata all’ “avviso di istruttoria pubblica” per la riprogettazione congiunta Comune – Enti del Terzo Settore dei servizi di grave emarginazione3. il bar Il Girevole è stato citato come un esempio di innovazione. Questo riconoscimento ci ha fatto capire che il nostro modello viene visto come un tassello importante all’interno di una rete più ampia. Ovviamente, siamo solo all’inizio di questo percorso: si sono formate le ATS, si sono definite le aree di intervento, ma molto è ancora da costruire. Ciò che conta è che ci sentiamo concretamente inseriti in un sistema più grande, in cui possiamo sia ricevere supporto che contribuire attivamente.
Lavorare in rete è fondamentale, perché le persone senza dimora spesso ruotano attorno agli stessi servizi. C’è un flusso costante tra mense, dormitori, centri diurni e spazi di accoglienza, e questo rende naturale uno scambio continuo di esperienze e collaborazioni. Ad esempio, le persone di Radio Piazzetta vengono a fare trasmissioni da noi, mentre noi organizziamo letture pubbliche e le portiamo in altri spazi, come l’Opera Cardinal Ferrari o altre associazioni. In particolare, nel contesto di BookCity Milano, abbiamo realizzato letture pubbliche a Saronno, coinvolgendo altre realtà del territorio. Questa dimensione di scambio è ciò che rende il lavoro sociale più efficace e significativo: non siamo isole, ma parte di un ecosistema di servizi e opportunità che si rafforzano a vicenda.


MFB. La formazione e la selezione dei volontari sono aspetti chiave per garantire un’accoglienza efficace. Quali criteri adottate nella scelta dei volontari? Esiste un percorso formativo, di preparazione alle sfide specifiche del servizio?
FC. Il tema della formazione e della preparazione dei volontari è essenziale, perché la complessità della vita di strada è molto grande. Non sempre è evidente in un luogo come il nostro, ma emerge nel tempo. Per questo motivo, sin dall’inizio abbiamo prestato particolare attenzione alla selezione e alla preparazione delle persone coinvolte nel progetto.
Uno degli elementi fondamentali è stato l’apporto di due gruppi di giovani volontari nati spontaneamente durante il Covid, provenienti da due diverse parrocchie. Durante la pandemia, questi ragazzi si erano già attivati per girare la città e incontrare le persone senza dimora, non tanto per distribuire beni di prima necessità, ma semplicemente per stare con loro, ascoltarli, scambiare due chiacchiere. Portavano con sé solo tè e caffè come strumenti di relazione, e questa modalità operativa ci è sembrata estremamente significativa. Abbiamo quindi deciso di coinvolgerli nel lancio del bar Il Girevole, sia per far conoscere il progetto alle persone senza dimora, sia come primi volontari, dato che avevano già una minima esperienza sul campo e un sostegno formativo da parte delle parrocchie.
Con il tempo, il gruppo dei volontari si è ampliato. Dal secondo anno, oltre ai giovani delle parrocchie, abbiamo iniziato a coinvolgere anche studenti universitari e lavoratori più adulti. Questo ha richiesto un lavoro di formazione più strutturato, che oggi gestiamo direttamente. Nel bar Il Girevole, però, la dinamica del volontariato è particolare. Alcuni si dedicano al servizio strutturato, come accadrebbe in una mensa: gestiscono il bar, preparano le bevande, mantengono l’ordine e aiutano nel coordinamento generale. Altri, invece, frequentano il bar in modo più informale, come clienti abituali, entrando in relazione con le persone senza dimora. Magari vengono tre volte in un mese, poi spariscono per un periodo e poi tornano. Questo tipo di presenza, sebbene meno regolare, è comunque importante perché rende il locale un luogo vivo e dinamico.
Il team professionale che coordina il progetto è altrettanto eterogeneo. Il responsabile del bar Il Girevole è un educatore professionale, che ha trovato nel bar una dimensione adatta alla sua sensibilità e passione per il lavoro sociale. Accanto a lui ci sono uno psicologo junghiano, che oltre al suo ruolo professionale fa anche il barista, un vero e proprio psico-barista; un’altra psicologa, che partecipa come cliente, per osservare e favorire dinamiche relazionali in modo più spontaneo; un assistente sociale, che interviene periodicamente per monitorare l’ambiente e gestire eventuali richieste di supporto. Un secondo educatore professionale lavora dietro le quinte, coordinando le attività del bar anche quando è chiuso.
L’idea alla base del bar Il Girevole è che chi lo frequenta sappia che, oltre alle serate di apertura, esiste un’equipe di ascolto e accoglienza. Alcuni utenti, nel tempo, hanno compreso che se hanno un bisogno specifico, anche quando il bar è chiuso, possono trovare qualcuno pronto a rispondere o a indirizzarli verso i servizi giusti. Nel complesso, il bar Il Girevole è uno spazio ibrido, dove il volontariato può assumere forme diverse e dove il lavoro professionale si mescola con la relazione informale. Questa flessibilità è uno dei punti di forza del progetto, ma richiede anche un costante lavoro di formazione e riflessione, perché la realtà della strada è sempre imprevedibile e in continua evoluzione.



MFB. A differenza di altre realtà che prevedono percorsi di reinserimento lavorativo, come CASO – Caffetteria Sociale di Torino, il bar Il Girevole focalizza l’attenzione sulla relazione e sul dialogo. In che modo ritenete che questo approccio contribuisca al benessere e alla dignità delle persone senza dimora? Il vostro progetto ha le caratteristiche di una ricerca-azione: cosa avete scoperto da quando avete aperto?
FC. Mi viene in mente un episodio che mi ha colpito particolarmente. Un uomo, di origine slava, è venuto al bar per la seconda volta. Non avevamo mai parlato prima, ma quella sera si è avvicinato e, in modo piuttosto brusco, mi ha chiesto una coperta. Gli ho spiegato che il bar Il Girevole non fornisce beni materiali e, un po’ scocciato, gli ho detto che non potevo aiutarlo. Poi mi ha chiesto se potevo trovargli un lavoro, e anche lì ho dovuto dirgli di no. Infine, mi ha chiesto dei soldi. Quando ho rifiutato anche questa richiesta, tra lo stanco e il disilluso, gli ho detto quasi provocatoriamente: “Guarda, questo è proprio un posto inutile”. Lui mi ha guardato con uno sguardo duro e mi ha risposto: “Inutile? Io qui mi sono sentito una persona”.
Questo è il cuore del nostro lavoro. Quell’uomo sapeva già che non gli avrei trovato un lavoro, che non gli avrei dato cinque euro e probabilmente si aspettava che non avrei avuto una coperta da offrirgli. Ma non si aspettava di trovare uno spazio dove sentirsi riconosciuto come persona, un luogo in cui non era ridotto solo ai suoi bisogni materiali. Ed è questo il punto: il nostro lavoro si basa sul riconoscimento, sulla normalità, sull’accoglienza. Creiamo un contesto che restituisce alle persone la possibilità di essere viste oltre la loro condizione di difficoltà. Questa dimensione funziona, lo vediamo ogni giorno nelle piccole cose.
D’altra parte, la nostra esperienza ci ha confermato qualcosa che già sapevamo: si può lavorare sulla parte costruttiva solo in rete con altri soggetti presenti sul territorio e con tempi lunghi. Qualsiasi richiesta ci venga fatta – un problema di salute, un bisogno sociale, una domanda di lavoro – porta con sé una complessità che va affrontata in un percorso più ampio. Se una persona ha bisogno di cure mediche, ma vive in strada, senza un punto di riferimento stabile e senza supporto, è molto difficile che riesca a seguire un percorso sanitario efficace. Lo stesso vale per le richieste di inserimento sociale: servono stabilità, tempo, relazioni di fiducia. Per questo è indispensabile lavorare in rete con gli altri servizi della città. Noi possiamo offrire uno spazio di socializzazione, un punto di riferimento che aiuta a mantenere un contatto con le persone nel tempo, mentre altri servizi si occupano di rispondere ai bisogni specifici.
Un luogo come il bar Il Girevole ha senso proprio per questo: è uno spazio che accompagna, che aiuta a fare un passo avanti rispetto alla condizione in cui ci si trova, che dà un’immagine diversa di sé a chi lo frequenta. Per molte persone, ritrovarsi in un contesto che non le etichetta in base ai loro bisogni è già un primo passo verso un cambiamento. È un lavoro che non offre soluzioni immediate, ma che nel tempo può fare la differenza.
Anche per i cittadini che frequentano il bar questa esperienza è significativa. La maggior parte delle persone ha un’idea molto vaga della realtà che si vive in strada. Prima di lavorare qui, anche io conoscevo la vita dei senza dimora in modo superficiale. Per strada ci sono tante storie diverse, categorie di persone con percorsi molto differenti, eppure il cittadino medio non ha idea della complessità che c’è dietro. Allo stesso tempo, vediamo che molti cittadini sono curiosi, hanno voglia di capire, e il bar Il Girevole offre loro questa opportunità. Chiaramente, chi entra nel bar è già predisposto a mettersi in gioco, c’è una selezione naturale: chi è indifferente passa oltre. Ma chi si ferma ha la possibilità di incontrare una realtà che non conosceva, e questa esperienza può essere trasformativa. Per noi, la presenza di cittadini “normali” nel bar è preziosa: rende il luogo vivo, facilita le interazioni e crea nuove forme di scambio. È proprio attraverso questi incontri che il bar Il Girevole diventa un laboratorio sociale in cui tutti – noi, i senza dimora e non – impariamo qualcosa di nuovo.
MFB. La sostenibilità economica di un progetto basato su donazioni e volontariato può rappresentare una sfida nel lungo termine. Mentre realtà come SAME Café e Pausa Caffè adottano un modello di autosostenibilità attraverso la vendita di prodotti, e modelli come Social Bite e CASO – Caffetteria Sociale combinano servizi a pagamento con percorsi di inclusione lavorativa, il bar Il Girevole si basa esclusivamente su contributi esterni. Avete mai valutato la possibilità di integrare elementi di autosostenibilità economica? Quali strategie state implementando per garantire la continuità del servizio e rafforzare il coinvolgimento della comunità locale.


FC. Possiamo dire che siamo ancora in una fase di startup, nel senso che viviamo prevalentemente grazie alle donazioni. Forse quest’anno riceveremo un contributo, sempre molto limitato, dal Comune, ma ritengo giusto che l’ente pubblico, nella misura in cui generiamo un impatto sociale per la città, partecipi almeno in parte al sostegno del progetto. Tuttavia, il nostro modello resta ancora fortemente basato sul supporto di privati e fondazioni.
Venendo da esperienze in diverse città italiane e anche all’estero – sono stato un anno in Albania e cinque anni a Bari – ho potuto constatare come le risorse a disposizione cambino molto a seconda del contesto. Al Sud, per esempio, ci sono ottime iniziative, ma spesso con meno disponibilità economiche, mentre a Milano il tessuto del volontariato e il livello delle donazioni sono più solidi. Nonostante ciò, il bar Il Girevole ha costi elevati e garantire la stabilità economica non è semplice. Negli ultimi mesi del 2024, per esempio, non sapevo nemmeno se sarei riuscito a mantenere tutto il team di operatori, e questa incertezza ha inevitabilmente rallentato la possibilità di fare progetti a lungo termine. Il bar richiede un certo numero di operatori per funzionare adeguatamente e, in realtà, ne servirebbe almeno uno in più per coprire meglio le esigenze. Alla fine dell’anno siamo riusciti a chiudere il bilancio in modo positivo, quasi miracolosamente, grazie a un aumento delle donazioni nel periodo di novembre-dicembre, che è un classico nel mondo del terzo settore: è in quei mesi che fondazioni e donatori privati si attivano maggiormente.
Questa situazione ci porta a riflettere su come strutturare il futuro del progetto. Il nostro modello attuale è legato alla disponibilità di risorse che riusciamo a raccogliere, e questo influenza anche le prospettive di crescita. Non è escluso che in futuro si possano valutare forme di sostegno economico più strutturate, ma è un equilibrio delicato: vogliamo mantenere il bar Il Girevole un luogo accessibile e libero da qualsiasi tipo di transazione economica, ma al tempo stesso dobbiamo garantire continuità e sostenibilità. Per ora, la nostra priorità resta quella di consolidare il sostegno da parte della comunità e delle reti di donatori, senza snaturare l’essenza del progetto.
MFB. Guardando al futuro, quali sono le prospettive di evoluzione del bar Il Girevole? Considerate la possibilità di ampliare il progetto aumentando i giorni di apertura o diversificando le fasce orarie per rispondere meglio ai bisogni della comunità? Inoltre, realtà come CASO – Caffetteria Sociale e Social Bite hanno sviluppato modelli che integrano percorsi di formazione e tirocini, favorendo l’inserimento lavorativo delle persone fragili. Pensate che il bar Il Girevole possa adottare elementi di questo approccio, magari trasformandosi in un’impresa sociale, pur mantenendo la sua natura di spazio inclusivo e gratuito e la presenza di figure professionali (psicologi, educatori, assistenti sociali) nella gestione del luogo?
FC. Essere in pieno centro a Milano offre sicuramente delle opportunità per sviluppare attività che possano contribuire alla sostenibilità del progetto, senza però snaturarne la vocazione sociale. Tuttavia, la nostra priorità attuale è quella di rendere il progetto il più efficace possibile nella sua forma attuale, prima di pensare a un’evoluzione più ampia.
Una delle possibilità su cui stiamo riflettendo è l’ampliamento degli orari di apertura, aumentando i giorni settimanali o allungando le fasce orarie, così da rispondere meglio alle esigenze della comunità. Un’altra ipotesi è quella di integrare nuove attività, rendendo il bar un punto di riferimento ancora più strutturato. Ad esempio, attualmente ci affidiamo a una cooperativa esterna per la pulizia del locale, ma in futuro potremmo coinvolgere direttamente alcune persone senza dimora, offrendo loro piccole opportunità di lavoro. Questo potrebbe essere un primo passo verso un modello di impresa sociale, ma al momento resta un’idea ancora in fase di esplorazione.
Parallelamente, ci stiamo interrogando su quali servizi aggiuntivi potremmo sviluppare per rispondere meglio ai bisogni delle persone che frequentano il bar. Vorremmo specializzarci su alcuni ambiti specifici, come il supporto alle residenze fittizie, l’accompagnamento psicologico per persone fragili e l’educazione sanitaria. La vicinanza con la farmacia ci ha portato a riflettere su come promuovere una maggiore attenzione alla salute tra le persone senza dimora, aiutandole a prendersi più cura di sé. Lo sviluppo di questi nuovi servizi dipenderà dalle competenze e dalle passioni dei nostri operatori, oltre che dalla rete di collaborazioni che stiamo costruendo con altre realtà sociali. Il nostro obiettivo, quindi, non è trasformare radicalmente il bar Il Girevole, ma capire in che direzione possiamo crescere mantenendo intatta la nostra identità. Stiamo lavorando per definire meglio il nostro ruolo rispetto agli altri servizi cittadini, bilanciando apertura e regole per garantire un ambiente inclusivo ma sostenibile. Al momento, il nostro focus principale è consolidare ciò che esiste, evitando evoluzioni premature. Solo successivamente valuteremo se e come integrare percorsi lavorativi o altre forme di sviluppo che possano rendere il progetto più solido e duraturo nel tempo.
- Chi è Padre Francesco Cambiaso. Padre Francesco Cambiaso è un gesuita con una lunga esperienza nel settore sociale e dell’accoglienza. Laureato in economia e commercio, ha iniziato il suo percorso lavorando nell’ambito scolastico, insegnando religione e occupandosi di animazione pastorale. Successivamente, ha deciso di dedicarsi al sociale, operando per diversi anni a San Marcellino a Genova, un centro che offre supporto e accoglienza alle persone senza dimora. Ha collaborato con il Centro Astalli di Roma, impegnato nella tutela dei rifugiati, ed è stato cappellano universitario a Bari.
Oltre al lavoro in Italia, ha svolto attività missionaria in Perù, occupandosi di bambini di strada e alternando periodi di permanenza tra il Sud America e l’Italia. Dal 2016 è a Milano, dove si è dedicato al tema della fragilità sanitaria e, più recentemente, ha avviato il progetto del bar Il Girevole, con l’obiettivo di creare uno spazio di relazione e inclusione per le persone senza dimora.
La sua esperienza, maturata tra diverse città e contesti, gli ha permesso di sviluppare una visione ampia e concreta sul significato dell’accoglienza e dell’integrazione, rendendolo una figura chiave per la progettazione e lo sviluppo del bar Il Girevole. ↩︎ - I Community Café sono spazi pensati per creare incontri informali che favoriscono il dialogo e la connessione tra persone, creando un senso di comunità. Si tratta di spai accoglienti dove famiglie, giovani e realtà locali si riuniscono per confrontarsi e sostenersi a vicenda, guidati da volontari o organizzazioni del territorio.
La partecipazione avviene incentivata attraversi eventi basati sul metodo World Café, che incoraggia conversazioni comunitarie aperte e inclusive, spesso organizzate a tavoli tematici.
Tra i benefici principali ci sono la creazione di relazioni più solide, lo sviluppo di competenze emotive e sociali, e la promozione di una comunità coesa e collaborativa. La partecipazione dei Community Cafè è aperta a tutti, con l’obiettivo di includere diverse voci in un clima di rispetto e ascolto attivo. ↩︎ - Cfr. allegato 4 al “AVVISO DI ISTRUTTORIA PUBBLICA FINALIZZATA ALL’INDIVIDUAZIONE DI SOGGETTI DEL TERZO SETTORE DISPONIBILI ALLA CO-PROGETTAZIONE DEL SISTEMA CITTADINO DI PROMOZIONE DELL’AUTONOMIA E PREVENZIONE DELLE CONDIZIONI DI GRAVE EMARGINAZIONE SOCIALE”, Comune di Mi, Area Diritti e inclusione, D.D.7275 del 28/08/2024, p.7. ↩︎
Bar Il Girevole.
youtube: https://www.youtube.com/@ASSOCIAZIONESANFEDELEodv
facebook: https://bit.ly/IlGirevole
instagram: https://www.instagram.com/girevolebar/
Il Girevole Green Bar: https://www.youtube.com/watch?v=LQn6FumGQ3E

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