Vietato l’ingresso agli animali (e a chi li ama).

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Questo incontro è il primo passo, per ora preparatorio, che ci serve per definire la forma del progetto Le Nostre Domande Frequenti. Lo consideriamo un inizio di percorso, una tappa di prova che ci aiuta a capire come costruire spazi di ascolto reali, partendo da chi vive in prima persona situazioni di povertà estrema.

In questo caso, il tema è il legame tra le persone senza dimora e i loro animali – soprattutto i cani – un legame forte e spesso incompreso, che può diventare motivo di ulteriore esclusione ma anche una risorsa affettiva vitale.

In Italia, secondo i dati ISTAT e fio.PSD, oltre 96.000 persone vivono in condizione di grave marginalità abitativa. Tra queste, molte condividono la propria quotidianità con un cane, spesso l’unico legame affettivo stabile in un’esistenza segnata dalla precarietà. Questo rapporto rappresenta una fonte di conforto, cura e motivazione, ma allo stesso tempo pone barriere enormi all’accesso ai servizi essenziali: i dormitori pubblici raramente accettano animali, molte mense negano l’ingresso, e la ricerca di un alloggio in affitto diventa quasi impossibile.

Il risultato è una condizione di esclusione doppia: alla mancanza di casa si somma la rinuncia a servizi fondamentali, a meno di sacrificare il proprio compagno animale. E questo, per molti, non è un compromesso accettabile.

A questa realtà si aggiungono carenze strutturali: l’assenza di linee guida nazionali per l’accoglienza delle persone con animali, la mancanza di strutture pubbliche adeguate, il rifiuto da parte dei proprietari di casa di affittare a chi possiede un cane, e un pregiudizio sociale ancora diffuso, che giudica chi vive in strada con un animale come irresponsabile o colpevole.

Eppure, soluzioni esistono. Alcune realtà italiane stanno già sperimentando modelli positivi: a Milano, la Cascina Vita Nova della Fondazione Progetto Arca accoglie persone senza dimora con i loro cani in appartamenti assistiti; l’OIPA – Organizzazione Internazionale Protezione Animali, attraverso il Progetto Virginia, fornisce cure veterinarie gratuite e supporto in strada; organizzazioni come Save the Dogs sperimentano forme mobili di assistenza integrata.

All’estero, le buone pratiche si moltiplicano: in Canada, nel programma Housing First pet-friendly; a Berlino e Vienna, nei rifugi che accolgono gli animali; negli Stati Uniti, con progetti come Pets of the Homeless, che forniscono cibo, cure mediche e tende.

Tuttavia, in Italia queste esperienze restano frammentarie, raramente sostenute da politiche pubbliche. Manca una visione sistemica, una volontà istituzionale, e soprattutto manca l’ascolto diretto delle persone coinvolte.

È da questo vuoto che nasce l’incontro che segue. In questa prima tappa, tre persone senza dimora di cui abbiamo raccontato le storie in Selfie Senza Fissa DimoraMira De Zolt, Roberto Di Maio e Elsa Marchese – pongono le loro domande a Francesca Collodoro, responsabile delle attività territoriali dell’OIPA. Un confronto diretto, costruito a partire dalla realtà e dalle esperienze quotidiane. Le domande riguardano ciò che manca, ciò che funziona, ciò che dovrebbe cambiare.

Questo è il primo di una serie di incontri dedicati al tema, che coinvolgeranno in futuro altre organizzazioni italiane e internazionali impegnate nella tutela del legame tra persone senza dimora e animali. Un passo iniziale, ma necessario, per portare al centro del discorso pubblico un aspetto concreto e profondamente umano dell’esperienza di chi vive in strada.

Mira, Roberto e Elsa intervistano Francesca Collodoro di OIPA – Organizzazione Internazionale Protezione Animali.

Mira De Zolt, Ravenna

Mira. In Italia chiedono sempre di lasciare fuori il cane, anche solo per entrare in un ufficio. Perché non si pensa acreare punti di accoglienza esterni, come quelli che a volte in alcuni comuni vengono previsti per le persone disabili?”

Francesca. Hai perfettamente ragione. In Italia c’è ancora molta resistenza culturale nel riconoscere il cane come parte integrantedella vita della persona, soprattutto per chi vive in strada. Spesso si chiede di ‘lasciarlo fuori’, come fosse un oggetto,dimenticando che per tante persone — non solo senza dimora — il cane è un legame affettivo profondo. Basterebbe poco:pensare a piccoli spazi esterni accoglienti dove l’animale possa stare in sicurezza. Sarebbe un gesto di civiltà, inclusione e rispetto, che aiuterebbe anche a costruire fiducia verso le istituzioni. Naturalmente, tenendo conto della capacità del cane di affrontare con serenità anche brevimomenti di separazione.

Mira. Ho proposto più volte di usare container o prefabbricati per creare dormitori temporanei “leggeri” con spazio anche per gli animali. Esistono progetti del genere in Italia?.

Francesca. Sì, esistono progetti che usano strutture come container o prefabbricati, ma sono ancora troppo pochi. Alcuni Comuni li hanno sperimentati per emergenze abitative, spesso legate al freddo o al post-Covid, ma raramente si è pensato anche agli animali. Eppure sarebbe una soluzione perfetta per chi vive in strada con un cane: spazi essenziali, riscaldati, sicuri, e con la possibilità di stare insieme al proprio compagno a quattro zampe. Servirebbe solo un po’ di volontà dalle istituzioni e la collaborazione con chi conosce davvero questi bisogni.

Mira. Conosciamo tutti la solitudine di dormire in strada con un animale.
Ma nessuno pensa che anche loro soffrono.Che cosa fa OIPA per rendere visibile anche il punto di vista dei cani?”

Francesca. Hai ragione, la solitudine di chi vive in strada con un cane è doppia: quella della persona e quella dell’animale. Anche lorosoffrono il freddo, la fame, il rumore, l’insicurezza. OIPA cerca di dare voce anche a loro, perché non sono ‘solo cani’, ma compagni che condividono ogni giorno le difficoltà. Con il Progetto Virginia offriamo cure veterinarie, cibo, coperte, ma anche ascolto e rispetto. Raccontiamo le loro storie e lavoriamo per far riconoscere i loro diritti, perché siano considerati parte integrante della persona, non un ostacolo. Dargli visibilità significa chiedere per entrambi: persona e animale, accoglienza, dignità e protezione.

Roberto di Maio, Verona

Roberto. Conosco persone che hanno un alloggio ma non dichiarano il cane per paura di perderlo. È giusto dover nascondere un affetto per avere un tetto?

Francesca. Non è per niente giusto perché il proprio amico a quattro zampe rappresenta la propria ragione di vita, famiglia, casa. Chiedere a qualcuno di rinunciare al proprio animale per ottenere un alloggio significa colpire la sua dignità, il suo equilibrio emotivo e, in molti casi, la sua sicurezza. La tua domanda ci motiva ancora di più a pensare a un piano per richiedere che negli alloggi dedicati a persone senza un tetto siano ammessi gli animali.

Roberto. C’è modo di creare reti con parrocchie, associazioni o ordini religiosi che hanno case vuote? So che ci sono immobili inutilizzati che potrebbero essere usati.

Francesca. Siamo già in contatto con un’associazione che si occupa di fornire assistenza ai senza fissa dimora anche con gli animali e che hanno realizzato degli appartamenti per loro nella città di Milano. Ma l’idea di estendere la collaborazione con altri enti è assolutamente di nostro interesse. Questi enti, spesso già sensibili ai temi dell’accoglienza e della solidarietà, potrebbero mettere a disposizione spazi per offrire un rifugio sicuro alle persone e ailoro compagni di vita a quattro zampe. In questo modo si aiuterebbe non solo il “binomio senza casa”, ma anche i volontariche ogni giorno si impegnano a offrire supporto, creando contesti protetti in cui operare con maggiore efficacia.

Roberto. OIPA riesce a farsi ascoltare dai politici su queste cose? Avete mai ottenuto risposte concrete?

Francesca. Ci proviamo, sempre. OIPA porta avanti da anni battaglie per i diritti degli animali, anche quelli che vivono con persone ingrave difficoltà. A volte riusciamo a farci ascoltare, altre volte no. C’è apertura e volontà di collaborare, ma le risposte davvero concrete e strutturate sono ancora poche. Serve più coraggio politico e un cambio di mentalità: gli animali non sono un ‘problema’, ma parte della soluzione, perché aiutano le persone a non lasciarsi andare, a sentirsi ancora accettate. Noi continuiamo a insistere, anche grazie alle storie che raccogliamo ogni giorno.

Elsa Marchese, Bari

Elsa. ll Comune di Bari ha tante case sequestrate alla mafia. Secondo lei, perché una parte di quelle case non si possono usare per chi vive in strada con animali?”

Francesca. Hai ragione a chiedertelo. Sarebbe importante capire, anche tramite gli enti o le associazioni locali che conoscono bene questa realtà, se è mai stata fatta una richiesta formale al Comune e quale risposta è stata data. Qualsiasi difficoltà ci possa essere nell’utilizzare le case sequestrate per chi vive in strada con animali, credo che si possa superare, se davvero c’è la volontà di farlo. Le soluzioni esistono, soprattutto se si coinvolgono le associazioni che ogni giorno si impegnano sul campo per aiutare queste persone e i loro compagni a quattro zampe.

Elsa. Perché non si riesce a far capire che anche chi è senza dimora ha diritto a un affetto, a un animale? Perché noi senza dimora veniamo trattati come se non ci fosse permesso avere un legame con un animale?”

Francesca. Hai perfettamente ragione: nessuno dovrebbe essere giudicato o costretto a scegliere tra un tetto e il proprio compagno a quattro zampe. La realtà non è semplice, dato il contesto complesso che molte persone senza dimora vivono, ma le associazioni di volontariato, come la nostra, si stanno impegnando per sensibilizzare e informare la comunità su questo tema. La tua serve proprio a farci riflettere tutti su come possiamo migliorare l’accoglienza e il rispetto per ogni persona, inclusi i legami affettivi con gli animali.

Elsa. OIPA ha mai pensato di fare una campagna nazionale per dormitori pet-friendly, insieme ai Comuni?”

Francesca. I volontari dell’OIPA Milano hanno già evidenziato al proprio Comune la necessità di dormitori pet-friendly, offrendo illoro supporto per gestire la parte comportamentale dei cani in struttura e garantire assistenza veterinaria quando necessario.Una campagna a livello nazionale sarebbe sicuramente un’ottima iniziativa. Ti ringraziamo per questo prezioso suggerimento, che ci aiuta a pensare a nuovi modi per sensibilizzare e coinvolgere le istituzioni.

Le domande insieme

Mira, Roberto, Elsa. Molti proprietari di casa rifiutano subito chi ha un cane. Cosa si potrebbe fare concretamente per sensibilizzarli e aiutarli a capire che il cane non è un problema, ma parte della nostra vita?”

Francesca. Purtroppo a volte succede per paura di danni o disturbi. Ma questa diffidenza nasce spesso da una mancanza di informazione e da pregiudizi. Per cambiare le cose servono campagne di sensibilizzazione che mostrino il valore del legame tra persona e animale, e storie reali di convivenze serene in affitto.
Anche questa è un’ottima idea: ampliare il tema, parlarne pubblicamente, creare occasioni per sensibilizzare e informare. Gli animali non sono un problema: sono parte della vita, dell’equilibrio, e spesso della rinascita di tante persone. Aiutare i proprietari a capirlo è un passo importante verso una società più giusta, empatica e accogliente.

Mira, Roberto, Elsa. La gente pensa che se vivi in strada e hai un cane sei un irresponsabile. Come si può cambiare questa narrazione pubblica e far capire che non è così?

Francesca. È uno dei pregiudizi più ingiusti: pensare che chi vive in strada con un cane sia irresponsabile. In realtà, spesso è vero il contrario. Ho conosciuto personalmente persone senza fissa dimora che, pur avendo pochissimo, cercavano comunque di contribuire alle spese per le cure veterinarie del loro animale, anche se questo significava rinunciare a qualcosa da mangiare.Ho visto più rispetto e amore per gli animali da parte loro che in molte persone con una casa e una vita stabile, ma che trascurano i bisogni del proprio cane o gatto. Cambiare la narrazione pubblica significa far emergere queste storie, dare voce a chi ogni giorno sceglie l’affetto e la responsabilità, anche nella difficoltà.

Mira, Roberto, Elsa. OIPA può coinvolgere direttamente chi vive in strada con un cane nelle sue campagne o progetti, per fare in modo che le decisioni non siano sempre prese ‘dall’alto’?

Francesca. Assolutamente sì, e anzi è una direzione in cui sarebbe giusto andare sempre di più. Chi vive in strada con un cane ha una conoscenza diretta, profonda e reale delle difficoltà quotidiane. Per questo è fondamentale coinvolgerli nelle campagne e nei progetti, non solo come destinatari ma come protagonisti. OIPA, grazie anche al contatto quotidiano dei volontari con loro, sta pensando di costruire spazi di ascolto e collaborazione, dove chi vive questa realtà possa portare idee, esperienze e soluzioni. Nessuno conosce meglio la strada di chi ci vive ogni giorno.

A nome mio e di OIPA, desidero ringraziare le persone che hanno condiviso con noi le loro domande, esperienze e pensieri. Le vostre testimonianze sono preziose: ci aiutano a comprendere meglio la realtà che vivete e ci spingono a fare di più, con maggiore consapevolezza e responsabilità.
Questo confronto ci dà la forza per continuare a crescere, dando sempre maggiore visibilità e sostegno a chi vive situazioni difficili insieme al proprio animale.

Grazie di cuore a tutti.

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2 risposte a “Vietato l’ingresso agli animali (e a chi li ama).”

  1. […] prende forma la terza tappa del progetto Le Nostre Domande Frequenti. Dopo l’incontro con OIPA e LAV, il confronto continua con Alessandra Calafà (responsabile progetto Amici di […]

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  2. […] questo vuoto che prende forma la seconda tappa del progetto Le Nostre Domande Frequenti. Dopo l’incontro con OIPA, ci rivolgiamo alla Lega Anti Vivisezione (LAV), una delle associazioni italiane più […]

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