“Il nostro compito è rendere più dense le relazioni, più capaci di giustizia, più aperte alla sorpresa. I cani ci chiedono questo, se li sappiamo ascoltare”.
Donna Haraway, Manifesto delle specie compagne, Contrasto, 2023.
Nel suo saggio L’éthique animale (2008), Jean-Baptiste Jeangène Vilmer sottolinea come il modo in cui una società tratta gli animali sia profondamente legato al suo grado di giustizia e responsabilità verso i più vulnerabili. Un’affermazione che trova conferma nei margini più silenziosi delle nostre città, dove la presenza di un cane accanto a una persona senza dimora è spesso il segno di un legame profondo quanto disconosciuto.
Per chi vive in strada, il cane non è un accessorio, ma una presenza vitale. Come evidenziato da numerosi studi — tra cui la ricerca condotta da Rhoades et al. (2022) sul Journal of Social Distress and Homelessness — il legame con un animale da compagnia rappresenta una delle poche costanti in un’esistenza frammentata. È una fonte di protezione, equilibrio psichico, affetto, ma anche un elemento che espone a nuove barriere: l’accesso a dormitori, ambulatori, uffici pubblici e perfino alloggi temporanei viene spesso negato.
Eppure, esperienze italiane e internazionali dimostrano che è possibile cambiare prospettiva. In Inghilterra, la Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals (RSPCA) ha introdotto moduli formativi dedicati al legame uomo-animale nei percorsi per assistenti sociali. In Brasile e negli Stati Uniti, le campagne Pets for Life hanno coinvolto direttamente persone senza dimora nella progettazione di materiali anti-stigma, con impatti misurabili sul comportamento pubblico. In Australia, il progetto Drama for Change ha utilizzato il teatro forum per abbattere i pregiudizi legati alla presenza di animali nella marginalità estrema.
In Italia, Save the Dogs ha scelto un approccio attivo e di prossimità. Con il progetto Amici di strada, compagni di vita offre assistenza diretta — cibo, cure veterinarie, mediazione — a chi vive in strada con un cane, integrando le risposte sanitarie con un accompagnamento umano fondato sulla fiducia e sulla continuità. L’attenzione alla costruzione di comunità solidali rendono questa esperienza unica e potenzialmente replicabile.
È in questo scenario che prende forma la terza tappa del progetto Le Nostre Domande Frequenti. Dopo l’incontro con OIPA e LAV, il confronto continua con Alessandra Calafà (responsabile progetto Amici di strada, compagni di vita) e Sofie Bumke (responsabile delle unità mobili) di Save the Dogs. Mira, Elsa e Roberto — tre persone senza dimora che convivono con i loro cani — pongono nuove domande, che nascono dalla loro vita quotidiana, dai bisogni concreti e dalla voglia di contribuire.
Perché non basta essere ascoltati. Serve essere coinvolti.E perché prendersi cura non è mai un gesto a senso unico: è una relazione, un patto, una strada che si fa insieme.


Mira, Roberto e Elsa intervistano Alessandra Calafa e Sofie Bumke di Save the Dog.
Mira De Zolt, Ravenna
A Ravenna, le persone senza dimora che vivono con un cane non trovano accoglienza nei dormitori. Non esistono strutture pensate per ospitare chi non vuole separarsi dal proprio animale, né ci sono sportelli o ambulatori sociali dedicati. Anche le associazioni che si occupano di animali spesso non sanno come muoversi quando si tratta di persone che vivono in strada
Mira. A Ravenna non ci sono spazi dove possiamo andare con i nostri cani e trovare un po’ di aiuto o anche solo essere ascoltati. Secondo voi, sarebbe possibile creare un punto di incontro dove chi vive per strada con un cane possa ricevere supporto ma anche dialogare con il quartiere, e magari coinvolgere i cittadini in un volontariato più consapevole?
Sofie. Parlando dell’esperienza milanese, che è quella di cui noi ci occupiamo e conosciamo meglio, si potrebbe pensare a delle attività a livello di municipio. Sarebbe molto bello creare dei punti, coinvolgendo anche i servizi alla persone che sono organizzati come noi, con un’unità mobile, per rispondere ai bisogni delle persone senza dimora. Ovviamente potrebbe non essere un’esperienza unidirezionale, ma anche chi usufruisce dei servizi, potrebbe contribuire a questa esperienza e pensare insieme alle associazioni presenti, in momenti diversi, dei momenti di collettività dove inclusione e essere sullo stesso piano vanno di pari passo.
Mira. Chi vive in strada con un cane impara a gestire tante difficoltà, ogni giorno. Secondo voi, le persone nella nostra situazione potrebbero avere un ruolo attivo.
Sofie. Le persone senza dimora giocano un ruolo fondamentale nel supportare l’unità mobile. Grazie al passaparola e alle loro esperienze positive, riusciamo a raggiungere sempre più persone in condizione di fragilità.Inoltre riescono ad essere da supporto anche per chi non ha mezzi tecnologici per contattarci, ostacolo grosso per chi non possiede un cellulare o non ha la possibilità di fare una ricarica telefonica
Mira. Avete mai pensato di raccogliere e far conoscere le storie di chi vive per strada con un cane? Credo che, se le persone vedessero davvero cosa vuol dire questo legame nella nostra vita, cambierebbe anche lo sguardo. Si potrebbe fare qualcosa di pubblico, magari anche con le scuole o nei quartieri, per parlare di tutto questo.
Sofie. Sarebbe molto bello, rispettando la privacy delle persone che vengono assistite. Le storie che arrivano a noi, le esperienze di vita che ci raccontano sono frutto di un rapporto di fiducia, che non va tradito. Sarebbe bello coinvolgere in primis le persone senza dimora per sapere se vogliono raccontare la loro storia, magari anche tramite dei video.
Alessandra. Abbiamo in programma di organizzare due incontri in due scuole di Milano dove racconteremo il progetto e alcune storie (con nomi di fantasia) dei nostri utenti.


Roberto di Maio, Verona
A Verona, nonostante alcuni segnali positivi da parte del Comune per il supporto alle persone senza dimora con animali, manca ancora una struttura organizzata e continua. Roberto vive in strada con un cane e si muove spesso tra realtà diverse, cercando soluzioni temporanee. È molto attento ai temi dell’autonomia, della dignità e della possibilità per i senza dimora di diventare parte attiva nel cambiamento. La sua esperienza diretta lo rende una voce competente e critica. Vorrebbe che chi ha vissuto la strada potesse essere coinvolto nella progettazione di risposte concrete, non solo come beneficiario.
Roberto. Nel vostro progetto si parla di creare reti con veterinari, associazioni locali, volontari. A Verona ci sono diverse realtà, ma ognuna va un po’ per conto suo. Secondo voi, Save the Dogs potrebbe aiutare a mettere insieme queste forze, magari coordinando anche da lontano? Più in generale secondo voi c’è un modo per creare alleanze stabili tra chi si occupa di noi e dei nostri animali?
Alessandra. Il lavoro di rete è fondamentale per potenziare i benefici del progetto e intercettare chi ha bisogno.
Serve una cabina di regia capace di trovare punti di unione mantenendo però le specificità di ogni organizzazione senza mai perdere di vista l’obiettivo finale.
Roberto. Spesso chi vive in strada conosce bene i bisogni degli animali e le difficoltà dei servizi. Non si potrebbe pensare a un gruppo di “consulenti per esperienza diretta”? Persone come me che aiutano a capire cosa serve davvero, nei progetti o nelle decisioni pratiche. Save the Dogs sarebbe disponibile a costruire qualcosa del genere?
Alessandra. Sicuramente chi vive in strada può aiutare a interpretare correttamente le priorità fornendo indicazioni a chi eroga i servizi di assistenza. Tuttavia, bisogna considerare la limitata disponibilità di risorse economiche e umane. Le figure coinvolte devono possedere sia una formazione specifica che spiccate capacità relazionali, fondamentali per creare legami stabili e duraturi.
Roberto. Molti cittadini vorrebbero dare una mano ma non sanno come. Penso che serva qualcuno che li orienti, magari anche solo per piccoli aiuti. Potreste pensare a una formazione leggera, un percorso pubblico, per chi vuole aiutare chi vive in strada con un animale, senza fare danni? Tipo un volontariato civico diffuso, semplice ma consapevole.
Sofie. Sarebbe bello condividere la nostra esperienza, che unisce il volontariato con le persone a quella degli animali. Sarebbe molto importante portare l’esperienza nel mondo animalista, che spesso ha grandi competenze nel mondo animale ma poca empatia nei confronti delle persone. Sarebbe bello intavolare un discorso su come le persone SFD vivono il loro cane. Per quanto riguarda la cittadinanza, sarebbe molto utile fare dei momenti di formazione sui senza dimora in collaborazione con altre associazioni umanitarie, in modo da sensibilizzare le persone sul binomio.
Elsa Marchese, Bari
A Bari mancano strutture che accolgano chi, come Elsa, vive per strada con animali. I tre cani di Elsa sono per lei una famiglia, ma anche un limite nella possibilità di ricevere assistenza. Nonostante la sua esperienza come volontaria LAV, Elsa non ha accesso a servizi adeguati. Spesso è costretta a scegliere tra la propria sicurezza e quella dei suoi animali. Vive in uno stabile abbandonato e vorrebbe che il legame affettivo con i suoi cani fosse riconosciuto anche dalle istituzioni.
Elsa. Pensate che anche se non siete ancora presenti in città, si possa portare il vostro modello “Amici di Strada” anche a Bari? Magari con una rete di volontari, anche formati online da voi, che conoscano la strada e la rispettino?
Alessandra. Purtroppo non abbiamo le risorse per espandere il progetto in altre città ma sicuramente, dopo 4 anni di attività, abbiamo la maturità e la competenza per predisporre un modello replicabile ed erogare la formazione alle varie figure.
Elsa. So che voi create un rapporto stabile con le persone che incontrate. Secondo voi, una come me, che vive per strada con tre cani e ha fatto anche volontariato, potrebbe diventare parte attiva di un vostro progetto progetto? Magari aiutare altri, o essere un punto di ascolto per chi non sa da dove iniziare?
Sofie. Come dicevo a Mira, il contributo delle persone che vivono in strada è sempre molto importante per aiutarci a raggiungere chi è più in difficoltà.
Elsa. In strada il problema non è solo la fame o il freddo, ma la solitudine. Pensate sia possibile organizzare dei momenti pubblici — magari anche nelle scuole o nei parchi — per raccontare cosa significa davvero vivere in strada con degli animali? Farlo insieme, voi e noi, potrebbe cambiare lo sguardo delle persone.
Sofie. Sofie: nel 2025, per riuscire a raggiungere più persone possibile, secondo me il modo migliore per veicolare il messaggio è la rete.
Sarebbe bello fare una serie di video, fatti da volontari, veterinari e senza dimora per raccontare dagli ultimi, cosa significa vivere in strada con gli animali, e dai primi due, cosa vuol dire fare volontariato in questa fondazione e che esperienze li hanno toccati in prima persona.

Le domande insieme
Mira, Roberto, Elsa. Molti pensano che chi vive in strada con un cane sia “irresponsabile”. Ma se ci fosse un modo per raccontare bene le nostre storie — magari con video o foto come fanno alcuni progetti fuori Italia — voi sareste disponibili a farci da ponte, per costruire una campagna vera che parli del nostro punto di vista?
Alessandra. Potrebbe essere interessante realizzare un docufilm ma noi non siamo in grade di poter sostenere un progetto di questa portata. Ogni giorno però lavoriamo senza giudicare, ma agendo concretamente.
Mira, Roberto, Elsa. Abbiamo visto che a Milano offrite assistenza anche a persone che sono in alloggi precari. Però in tante città, se trovi una stanza, ti dicono che devi lasciare fuori il cane. Save the Dogs ha mai provato a parlare con i proprietari di casa, o con le agenzie, per spiegare che un animale non è un ostacolo, ma parte della nostra vita?
Alessandra. Su questo tema possiamo fare ben poco se non consigliare di stipulare una assicurazione da mostrare ai proprietari di casa.
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