
s'entrevoir
Gavin Lucas a self-confessed pop culture junkie.
Da oggi, con una serie di interviste, ripercorro quattro anni della breve storia (o lunga dipende dai punti di vista) del progetto SignJam. Nato per l’esigenza realizzare una ricerca sulle culture urbane internazionali, SignJam è diventato un appuntamento fatto di workshop, conference, incontri, exhibit, contaminazioni culturali. Sino ad oggi ha visto la partecipazione di oltre 80 tra artisti e curatori, sono stati realizzati due videodocumentari, migliaia di scatti fotografici, due volumi e decine di articoli pubblicati sui principali magazine italiani.
Inizio con una breve intervista a Gavin Lucas (Creative Review) sulla Guerrilla Advertising.
Mario Flavio Benini – Chi è Gavin Lucas?
Gavin Lucas – Scrivo per la rivista mensile Creative Review (CR). CR si interessa di pubblicità, graphic design, video musicali, film, montaggio, illustrazione, animazione: qualsiasi tipo di materiale visivo creato per promuovere o vendere un prodotto. Un giorno scrivo sul design delle copertine dei dischi e cerco risorse utili per i creativi su Internet, un altro magari vado a visitare uno studio di design o un’agenzia per tirare fuori un nuovo prodotto o una nuova campagna. In genere trascorro le prime ore di ogni giornata leggendo i nuovi post e le email, la maggior parte delle quali arrivano da persone che presentano un lavoro per un possibile inserimento nella rivista. Può essere un po’ caotico a volte data la grande quantità di cose che arrivano ogni settimana sulla mia scrivania o nella mia casella di posta. Creative Review ha anche un blog al quale anch’io contribuisco – http://creativereview.co.uk/crblog. Ho fatto ricerca e scritto Guerrilla Advertising nel 2005 ed è stato pubblicato nel 2006. Da allora ho scritto un secondo libro intitolato Badge/Button/Pin, che parla delle semplici spille. Esiste anche una versione italiana, intitolata Spille. Arte e grafica all’occhiello. Il mio terzo libro raccoglie alcune delle migliori serie di volantini dei club prodotti negli ultimi 10 anni, e nel 2011 ho pubblicato Guerrilla Advertising Volume II. Quando non lavoro a Creative Review o non sto pensando a progetti di libri, è facile trovarmi in un negozio di dischi a cercare gli “old gold”, i dischi dimenticati dagli anni 50 agli anni 60, da far risuscitare in uno dei due club che frequento a Londra.
MFB – In quali nicchie di mercato il Guerrilla Advertising è diventato una prassi?
GL – Non credo che il guerrilla advertising possa diventare una prassi per qualche particolare tipo di prodotto o cliente. Il guerrilla advertising funziona al meglio quando viene creata una campagna che utilizza un mezzo od uno spazio mediatico specifico che ha senso per il prodotto o il marchio in questione. Non appena questo diventa “la norma” o un modo abituale di comunicare, perde il proprio potere.
MFB – Come valuti il rapporto tra il marketing e le culture urbane?
GL – È sempre difficile per i pubblicitari cercare di coinvolgere le culture urbane e produrre una campagna che non alieni o allontani lo stesso pubblico al quale si rivolge. Qualche anno fa un’agenzia pubblicitaria di Londra ha prodotto degli adesivi e delle matite per un marchio di birra brasiliana e li ha distribuiti nelle zone più in vista di Londra, dove l’arte di strada ha prosperato negli ultimi 10 anni. Gli artisti di strada erano sconvolti dal tentativo del marchio di entrare nel loro giro e così hanno iniziato a dipingerci sopra o togliere le immagini, ed a criticare la campagna sui blog, inserendo post con le proprie opinioni perché tutti le leggessero. Allo steso tempo, marchi come Sony PlayStation stavano investendo in maniera più astuta nella comunicazione, creando relazioni di lunga durata con le culture urbane. Ad esempio, so che PlayStation ha aiutato a creare degli skate-park ed il marchio ha impiegato regolarmente artisti di strada di fiducia e famosi DJs per i propri eventi e le proprie campagne, per ottenere maggiore credibilità.
MFB – Quali sono i fattori che rendono lo spazio urbano adatto asviluppare il guerrilla advertising? Come viene declinato il guerrilla advertising nei nuovi mercati, tipo Cina o India?
GL – Una campagna pubblicitaria in stile guerrilla può esistere ovunque – in un ambiente urbano o di campagna, e così in Africa, Cina o India, come in America o in Europa. Il guerrilla advertising funziona al meglio negli ambienti urbani perché sono per natura densamente popolati, quindi molte persone possono potenzialmente vedere il lavoro; inoltre ci sono molti elementi da utilizzare, dalle superfici dell’arredamento urbano, come i bidoni della spazzatura o anche le maniglie che afferriamo quando stiamo sul bus o sul treno. Tutto diventa un potenziale strumento per veicolare il messaggio di un marchio.
Le domande chiave da porsi per assicurare successo ad una campagna di guerrilla sono: la scelta del mezzo è appropriata al prodotto e al messaggio? E’ questo il modo giusto per rivolgersi al target desiderato?
Il guerrilla advertising non è sempre il modo migliore per un cliente, al fine di pubblicizzare il proprio prodotto o il proprio messaggio. E’ solamente un tipo di approccio fra una gamma sempre più vasta di mezzi da utilizzare.
Alcune immagini del workshop di Gavin Lucas su Facebook.
Profilo di Gavin Lucas su Facebook.
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