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La rivoluzione non si fa ‘una volta per tutte’.

In questo periodo di intenso dibattito sui temi dei beni comuni e dell’economia collaborativa, stiamo incominciando a vedere lo scambio al di fuori del possesso e a considerare altre possibilità per il dono e per la speranza. In questo senso credo di percepire due dimensioni. Da un lato il dono è una specie di liberazione a favore di qualcosa di più nobile. Voglio fare un esempio basato su un fatto personale. Qualche tempo fa un amico che fa il docente universitario e che vive in Toscana mi chiamò dicendo: “ho appena compiuto cinquant’anni”. Per farsi un regalo aveva comperato a due suoi studenti, un biglietto per fare il giro del mondo.
Si era liberato di un po’ di soldi e non voleva nulla in cambio. Si era liberato di quell’ansia che coglie quelli che superano una certa soglia d’età e che si aggrappano alla vita, accorgendosi che sta iniziando il declino. I due studenti erano ovviamente liberi di viaggiare il lungo e in largo per il mondo e aprire la loro sensibilità, il loro cuore e le loro menti a nuove esperienze. Per tutti, un regalo assolutamente liberatorio.
Dall’altro lato c’è la questione politica. La speranza legata alla politica credo sia sempre in qualche modo utopistica; è la speranza secondo la quale costruiremo un mondo migliore e duraturo. Riflettevo su uno schema; c’è stata una rivoluzione, ed ecco quello diventa pochi anni dopo, quando si è cristallizzata in burocrazia. È un processo che si tende a seguire per ogni rivoluzione — quella francese, quella americana, quella cubana.
Questo dovrebbe farci riflettere sul fatto che dovremmo liberare i concetti di liberazione e rivoluzione dall’idea di promuovere in modo permanente un diverso tipo di società.
Una rivoluzione non si fa ‘una volta per tutte’. C’è una specie di contraddizione: da una lato una rivoluzione la si fa per costruire un mondo migliore, ma dall’altro c’è un concetto difficile da accettare: ogni rivoluzione è per sua natura effimera. Il fatto che non duri non significa che sia un fallimento. Ma una delle grandi attrattive della rivoluzione, e la ragione per cui si propone ancora e ancora, è che coloro che la combattono la trovano uno straordinario momento di coesione, di partecipazione, di eccitazione. Anche se è un fallimento è comunque un’esperienza epocale per una comunità. Un momento in cui si vive la speranza.

“La rivoluzione non si fa una volta per tutte” fa parte del progetto “Ma l’amor mio non muore. Possiamo trasformare la speranza in una politica rivoluzionaria?”, pubblicato su queste pagine e in forma più completa su Medium.

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