Dialoghi tra anime.

Published by

on

Sopra e nel post. “Removed”. Foto di Eric Pickersgill .

Lo confesso, sono dipendente dai dialoghi. I migliori non sono semplicemente due persone che esplorano un argomento, sono dialoghi rivelatori. Con logica rigorosa indagano le questioni urgenti sulle grandi e le piccole cose che sono al centro delle nostre vite.

La bellezza dei dialoghi dipende innanzitutto da un interlocutori sensibili e intelligenti che sanno costruire relazioni basate su verità e generosità.
I dialoghi possono essere immaginari, come alcuni dialoghi di Schopenhauer sulla religione, oppure possono essere reali come i dialoghi poetici di Platone (Socrate è la persona ideale con cui ci si vorrebbe eternamente impegnarsi in una conversazione civile mentre si viene portati oltre il limite delle proprie percezioni).
Un buon dialogo è una conversazione tra anime.

Abbiamo bisogno di dialoghi, di conversazioni, di incontri.
Abbiamo bisogno di dialoghi che accadano qui e ora: mentre la guerra in Ucraina e in Palestina sembrano andare fuori controllo; mentre proliferano nel mondo governi di destra con politiche antidemocratiche; in cui la Brexit e nuovi Nazionalismi continuano a dividere la popolazione; in un periodo in cui la distanza tra i pochi che hanno molto e tanti che non hanno quasi nulla diventa sempre più incolmabile; mentre chi migra da povertà e guerre muore in continuazione.
In molti modi, lo sfondo della crisi mondiale fa si che ci sia una domanda inespressa d’incontro e dialogo, di un confronto che non abbia, come spesso accade, una qualità testamentaria ma che possa essere una fucina per il cambiamento.
La difficoltà dei nostri tempi è come far arrivare l’aria fresca del pensiero verso il calore delle crisi contemporanee.
Questi sono tempi che richiedono partecipazione e un grande sforzo di creazione collettiva.
Questi sono tempi in cui il pensiero sembra addormentato, la verità sembra cancellata dalla nostra esistenza e in cui i miti che condividiamo vengono distorti, deformati, corrotti.
Un mondo di post-verità in cui giriamo a vuoto nella stasi e nella relatività di un circolo vizioso di continue interpretazioni.

La realtà, quello che accade, non mai stata così tanto minata.
Ora è più difficile pensare con certezza, è più difficile avere chiarezza nella nostra capacità di comprendere il mondo. Le lenti che ci permettevano di leggere con maggiore lucidità le cose del mondo sono offuscate dalla velocità e dalla pervasività di algoritmi e automatismi pensati per renderci adatti al mercato ma inadatti alla vita.

Anche se informazioni non sono mai state così abbondanti la lettura diminuisce. In Italia nel 2020 il 31,9% delle biblioteche comunali ha chiuso. Senza rendercene conto, molto prima della pandemia, Internet ha attivato un processo di progressivo autoisolamento. Siamo quasi tutti connessi in rete pur essendo fondamentalmente soli.
Dove c’era comunità prevale il solipsismo, eppure non abbiamo mai avuto così tanto bisogno l’uno dell’altro. Il divario tra ricchi e poveri si è allargato a tal modo che sembra essere arrivato ad un punto di non ritorno; il divario politico tra destra e sinistra precipita sempre più in un abisso di incomunicabilità; la catastrofe ambientale avvicina l’umanità ogni giorno di più all’apocalisse con la nostra collusione e il nostro silenzio.
Una politica illuminata non è stata mai così indispensabile, eppure una politica illuminata, una politica del cuore, non è mai stata così drammaticamente assente.
È così difficile prendere coscienza della gravità delle condizioni del mondo distratti, narcotizzati, impauriti, dalla violenza della vita contemporanea.

Giustizia!
Sono tempi che richiedono una nuova urgenza di pensiero e al cuore di questa urgenza di pensiero c’è la giustizia.
È fondamentale che la giustizia sia al centro dei nostri dialoghi perché purtroppo abbiamo maturato un’idea ristretta delle possibilità della giustizia. Spesso pensando a cosa significhi giustizia introduciamo troppe idee. Tendiamo a pensare che la giustizia spetti a qualcuno: a un gruppo, a una razza, a una classe, a un genere.
Ma la giustizia è allo stesso tempo più intima e più cosmica di così.
In breve la giustizia è qualcosa di più complesso di quanto si possa pensare a prima vista.
La giustizia è al centro del malessere contemporaneo che si sta diffondendo in tutto il mondo.

Una società è viva tanto quanto lo è la sua capacità di empatia e dialogo. Ma le arti dell’ascolto e del dialogo stanno morendo, viviamo in nell’epoca dei monologhi, dei soliloqui, della prevaricazione, dei discorsi solipsistici che si producono nella sfera dei Social Media. Questa è l’epoca in cui parlano le nostre solitudini, in cui per paradosso, siamo arrivati a desiderare la nostra solitudine.
La politica parla di noi, raramente con noi. I giornali, la televisione, la radio, internet, parlano per noi lasciandoci senza voce. Solo quando ci riuniamo per dialogare parliamo tra noi (se ne siamo ancora capaci).
Il dialogo, che è il più alto rispetto che un’anima possa tributare ad un’altra anima nella sfera sociale, richiede tempo, attenzione e ascolto. Perché se non ascolti non puoi rispondere veramente. L’ascolto richiede in un certo senso che l’ego taccia. Come scrive Matteo nel verso 16:3 “Va dietro di me, Satana!”. Ascoltare è dare spazio dentro di sé all’altro, aprire dentro di se un spazio affinché l’altro possa compiere il proprio essere, e l’augurio è che l’altro faccia lo stesso per te aprendo uno spazio alla danza delle anime. Solo in questo modo incominciamo veramente a capirci. Ed è da questa comprensione possiamo agire in modo appropriato, equo e giusto.

In un certo senso non ci può essere vera giustizia dove non c’è vero ascolto. È nella conversazione, nel dialogo che vediamo la realtà e la complessità della giustizia.


Il dialogo è il megafono della democrazia.
Il movimento dal micro al macro e viceversa è un punto fondamentale per il dialogo.
Il micromondo delle emozioni, dell’apprendimento, del bisogno di una più alta qualità dell’attenzione, della pazienza, del prendersi il giusto tempo per assorbire senso e significato dell’esperienza, del concedere agli altri il tempo per rivalutare le proprie posizioni, offrendo a nostra volta la possibilità di imparare la complessità dei torti e delle ragioni.
In questo senso anche la lettura ci può offrire un aiuto inestimabile. Può essere una mappa per navigare in questo mare tempestoso: Platone, Aristotele, Emerson, Kant, Shopenhauer, Nietzche, la profondità del loro pensiero è ciò che li rende utili per noi.

Il macromondo della cultura, dell’attivismo di organizzazioni come Extintion Rebellion, dell’incapacità di non saper più dire con convinzione e determinazione la parola Pace, (vedi: “Pax“, “Chi, ancora sul campo di battaglia vuole monumenti“, “Io, tu“) dei Nazionalismi di ritorno, del mancato ascolto della politica, dell’assenza di leadership a livello mondiale, della difficolta nel risolvere dei conflitti, della necessità di educare alla cittadinanza e di lasciare spazio alle emozioni e all’immaginazione.
La triste realtà delle guerre si intreccia in un arazzo umano di preoccupazioni.


Il dialogo risolverà i problemi del mondo?
Il problema è che spesso le risposte sono troppo semplici, viziate da egoismi e interessi di parte.
Ci sono domande che portano in strade senza uscita, in vicoli ciechi. Ma ci sono anche domande indagatrici, provvisorie, esplorative, investigative. Domande continuano ad andare alla radice, alle cause, al cuore delle situazioni. Domande che regalano nuove prospettive.

Il dialogo risponde al meglio alla fluidità della condizione umana. La parola dialogo è essa stessa un dialogo tra due parole, Dia e Logos. Quando si uniscono queste due parole emerge una speranza (vedi: “#speranza s. f. [der. di sperare, sull’esempio del fr. ant. espérance]*”, “La speranza è nella lingua“, “Per una gioiosa speranza“): “Dia” in greco significa attraverso, tra. Ma la vera ricchezza arriva quando consideriamo la parola “Logos” che significa, discorso, parola, racconto, ragione, proporzione. Per Eraclito, Logos, era il principio superiore di conoscenza e armonia. Nel Vangelo secondo Giovanni è Logos la parola divina, il Verbo incarnato.

Quindi nel dialogo possiamo trovare risposte praticabili ed efficaci?
Francamente non lo so, ma di una cosa sono certo, il dialogo è il primo passo, ciò ciò che può fornire la spinta, l’energia, facendo scattare una scintilla perché il dialogo è ciò ci muove è ciò che ci orienta facendo incontrare le nostre anime.

Lascia un commento

Previous Post
Next Post